Nuovo evento formativo organizzato dalla Scuola di formazione della Camera Penale di Firenze, in collaborazione con la Fondazione Forense, che si terrà il 23 marzo 2017, dalle ore 15.30 alle ore 18.30 presso l’Auditorium “Adone Zoli” in Firenze, Viale A. Guidoni n. 61.
Come saprete, le Sezioni Unite (sentenza 8825/2017) sono recentemente intervenute sulle cause di inammissibilità dell’appello: in particolare, la pronuncia ha posto fine al contrasto rilevabile nella giurisprudenza della Suprema Corte sul tema della specificità dei motivi di appello e dei poteri di declaratoria di inammissibilità delle impugnazioni, ai sensi dell’art. 591 c.p.p.
Tre infatti erano gli indirizzi esegetici presenti prima della pronuncia della Suprema Corte nella sua più autorevole composizione. Secondo una prima interpretazione, fondata sul favor impugnationis, i Giudici di legittimità sostenevano che l’inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi doveva essere esclusa quando erano identificabili i punti cui si riferivano le doglianze e le ragioni essenziali delle stesse. Altra impostazione giurisprudenziale, intermedia, riteneva che era da ritenersi necessaria e sufficiente un’indicazione specifica dei punti della sentenza da riesaminare. Infine, il terzo indirizzo, più restrittivo – e accolto dalle Sezioni unite -, sottolineava la sostanziale omogeneità, quanto alla “specificità estrinseca”, dei motivi di appello rispetto a quelli del ricorso per cassazione.
La Suprema Corte incardina il proprio ragionamento su un’analisi sistematica: la causa di inammissibilità non si baserebbe tanto sul profilo sostanziale – ed evidente – della mancanza dei motivi (la c.d. “specificità intrinseca”), quanto sulla c.d. “specificità estrinseca”, cioè sulla esplicita correlazione dei motivi di impugnazione con le ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata (il che costituisce, com’è noto, uno dei requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione).
Sostiene in definitiva la Corte che i motivi devono indicare “specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta” in relazione ai punti della sentenza. A niente varrebbe, in questo contesto, il richiamo al principio del favor impugnationis: tale principio, infatti, deve essere sempre bilanciato con la ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost., onde evitare iniziative aventi finalità meramente dilatorie; nondimeno, i principi di diritto espressi si prestano ad una strumentalizzazione capace di comprimere notevolmente l’accesso al secondo grado di merito.
L’incontro di studi mira a fornire un primo inquadramento giuridico della pronuncia delle Sezioni Unite e ad analizzare i possibili futuri scenari con i quali gli avvocati penalisti dovranno confrontarsi accingendosi a predisporre un atto d’appello.