La nota della Giunta a seguito della puntata della trasmissione “Presa Diretta” andata in onda lunedì sera su RAI Tre, dedicata all’indagine della Procura della Repubblica di Catanzaro denominata “Rinascita Scott”.
La Giunta UCPI,
in relazione alla puntata della trasmissione “Presa Diretta” andata in onda lunedì sera su RAI Tre, dedicata all’indagine della Procura della Repubblica di Catanzaro denominata “Rinascita Scott”, esprime lo sdegno dei penalisti italiani per questa pagina di desolante inciviltà scritta dal servizio pubblico radio-televisivo.
È semplicemente inaudito che proprio dagli schermi del servizio pubblico della informazione milioni di cittadini abbiano dovuto assistere alla unilaterale ed arbitraria selezione di atti del fascicolo del Pubblico Ministero di Catanzaro, relativi ad una vicenda giudiziaria -c.d. “Rinascita Scott”- il cui dibattimento ha cominciato solo da qualche settimana a muovere i suoi primi passi.
La ormai consolidata identità culturale e professionale di larga parte del nostro giornalismo giudiziario è quella di chi è abituato a confondere una ipotesi accusatoria con la verità storica, una indagine della Procura con una sentenza definitiva, una ordinanza di custodia cautelare con la irrevocabile prova della responsabilità dell’imputato.
Questa penosa attitudine ancillare del nostro sedicente giornalismo di inchiesta, che si riduce a sfogliare, comodamente seduti, faldoni di atti forniti da uffici di Procura o di Polizia Giudiziaria all’uopo assiduamente e speranzosamente frequentati, per poi farsene scrupolosi divulgatori, dà la misura di questo colossale equivoco. La narrazione elegiaca di una indagine non ha nulla a che fare con il giornalismo di inchiesta, se – solo per fare un esempio- non si ha nemmeno la curiosità e soprattutto il coraggio intellettuale almeno di interrogarsi (e magari di conoscere, leggere e poi spiegare alla pubblica opinione) gli oltre 140 provvedimenti giurisdizionali di annullamento e di revoca di misure cautelari adottate in quella stessa inchiesta.
Ma soprattutto, è inconcepibile immaginare che sia legittimo confezionare e mandare in onda una trasmissione così partigiana ed unilaterale, mostrando atti ed elementi di prova ancora ignoti al Collegio giudicante, mentre è appena iniziato il processo che dovrà esattamente giudicare la fondatezza della indagine, e le responsabilità personali degli imputati. Solo una sottocultura populista e giustizialista marchiata da un autentico analfabetismo costituzionale può relegare il processo penale, cioè l’unico luogo che il nostro sistema penale riconosce come legittimato alla ricostruzione dei fatti e delle responsabilità, ad un evento secondario ed immeritevole di attenzione, cui affidare il compito solo di soddisfare le aspettative di condanna alimentate da una indagine che ha già adempiuto al compito di ricostruire la Verità.
La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane rimarca la singolare coincidenza di una pagina così scandalosa del giornalismo del servizio pubblico italiano con il severo monito appena pronunziato dalla Ministra Cartabia sulla indifferibile necessità di riposizionare la presunzione di innocenza al centro del sistema penale e della sua rappresentazione mediatica; ed auspica che ciò possa costituire la occasione di una profonda, seria presa di coscienza, da parte della Politica e delle Istituzioni, circa la necessità della adozione di iniziative e misure idonee a prevenire il ripetersi di simili episodi di malcostume.
Roma, 17 marzo 2021