Condizioni reddituali ai fini dell’ammissione
- l’attuale limite di reddito, aggiornato con Decreto del Ministero della Giustizia pubblicato in G.U. il 30 gennaio 2021, è fissato in euro 11.746,68 (art. 76 co. 1 DPR 115/02); è necessario evidenziare al richiedente che ai fini del raggiungimento del tetto massimo concorrono anche redditi ulteriori, non inseriti nella dichiarazione dei redditi perché esenti IRPEF (ad pensione di guerra, indennità di mobilità, sussidi, borse di studio, etc.), tassati alla fonte ad es. gli interessi sui conti correnti bancari o postali, etc.), soggetti ad imposta sostitutiva ad es. gli interessi sui titoli di stato, cedolare secca, etc.), oppure che di fatto non hanno subito alcuna imposizione (ad es. redditi da attività illecite o cd. al nero) (art. 76 co. 3 DPR 15/2002); il reddito ISEE non è valido ai fini del computo del reddito rilevante ex art. 76 DPR 115/2002; senza voler essere esaustivi, pur sottolineando che in giurisprudenza l’orientamento non è unanime, si evidenzia che vanno computati i seguenti redditi: A) pensione di invalidità e accompagnamento per invalidità civile, o comunque tutte le pensioni che abbiano natura “sostitutiva” della retribuzione; B) assegno di separazione o divorzio in favore del coniuge; C) interessi dei conti correnti e i proventi da fondi di investimento oppure gli interessi di BOT, CCT e BTP; D) proventi di vendita immobili acquistati o costruiti da meno di 5 anni e non adibiti ad abitazione; si raccomanda di fare attenzione nel caso in cui il richiedente abbia più di un CUD, qualora abbia lavorato per più soggetti separatamente, in quanto i redditi si sommano;
- Si deve indicare l’anno di riferimento del reddito dichiarato; l’art. 76 co. 1 DPR 115/2002 fa riferimento al reddito risultante dall’ultima dichiarazione, con riferimento al termine di presentazione della stessa; nel caso in cui il richiedente non abbia presentato dichiarazioni nell’anno precedente, la giurisprudenza ha risolto il problema basandosi sul principio dell’attualità della capacità contributiva, richiedendo che l’istante presenti un’autocertificazione attestante il reddito percepito nell’anno precedente, in quanto l’art. 77 DPR 115/2002 impone l’adeguamento del limite di reddito di ammissione in base alla variazione ISTAT del biennio precedente e pertanto, per analogia, si è inteso che questo sia il limite massimo a cui si può fare riferimento;
- se vi sono familiari conviventi, il reddito rilevante è dato dalla somma dei redditi conseguiti da ogni componente della famiglia anagrafica, ma il limite di reddito è elevato di euro 1.032,91 per ogni componente (art. 76 co. 2 ed art. 92 DPR 115/02); per famiglia anagraficamente convivente si intende in generale quella indicata nei Pubblici Registri dell’Anagrafe presso il Comune di residenza, ma è necessario ricordare che la giurisprudenza ricomprende anche il convivente more uxorio nonché tutte le persone che coabitano con l’istante in maniera stabile e continuativa: pertanto una stabile convivenza di fatto rileva ai fini della richiesta. La nozione di convivenza, rilevante ai fini dell’individuazione dei soggetti il cui reddito deve essere computato con quello dell’interessato all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, implica un rapporto di stretta coabitazione: non si ha pertanto convivenza nella situazione di fatto da cui possono derivare incrementi patrimoniali per occasionali ed episodici contributi di persone legate all’interessato da un particolare rapporto affettivo, ma non inserite nella sua organizzazione economica familiare (Cass. Pen., sez. IV, 17/02/2005 n.19349);
- si tiene conto del solo reddito personale del dichiarante nei processi in cui gli interessi del richiedente siano in conflitto con quelli degli altri componenti del nucleo familiare (art. 76 co. 4 DPR 115/02);
- il Giudice può non tener conto dei sopra indicati limiti di reddito per le persone offese dai reati di cui agli articoli 572, 583 bis, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600 ter, 600 quinquies, 601, 602, 609 quinquies e 609 undecies del codice (art. 76 co. 4 ter e co. 4 quinquies DPR 115/02): in questi casi l’istante deve comunque indicare il proprio reddito e, se superiore al limite, chiedere l’ammissione in forza della predetta norma;
Contenuto dell’istanza previsto a pena di inammissibilità (art. 79 DPR 115/2002)
- sottoscrizione dell’interessato autenticata (art. 78 co. 2 DPR 115/2002), con allegazione del documento di identità ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del DPR 28 dicembre 2000, n. 445 (“Le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall’interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore…“);
- la richiesta di ammissione al patrocinio e l’indicazione del processo cui si riferisce, se già pendente;
- le generalità dell’interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali;
- una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato, ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell’articolo 76;
- l’impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell’anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell’istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione;
- il titolo di reato per cui si procede (non sarebbe previsto nell’art. 79 DPR 115/02, ma è meglio indicarlo);
- I cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea, per i redditi prodotti all’estero, devono corredare l’istanza con una certificazione dell’autorità consolare competente, che attesti la veridicità di quanto in essa indicato. In caso di impossibilità a produrla, deve presentare, a pena di inammissibilità, una dichiarazione sostitutiva di certificazione (art. 94 co. 2 DPR 115/02).
Procedura in caso di rigetto
Contro il provvedimento di rigetto o che dichiara inammissibile la richiesta di ammissione, salve diverse determinazioni del Giudice procedente (con cui, ad es., può richiedere integrazioni o precisazioni entro un determinato termine), l’interessato può proporre ricorso in opposizione entro venti giorni dalla comunicazione dell’avviso davanti al Presidente del Tribunale o al Presidente della Corte d’Appello ai quali appartiene il Giudice che ha emesso il decreto di rigetto (art. 99 DPR 115/2002); invece nel caso in cui, avvenuta l’ammissione al beneficio, venga invece opposto il decreto di liquidazione del compenso (perché ritenuto insufficiente o perché negato in toto), l’interessato può proporre ricorso in opposizione entro trenta giorni (termine così ampliato dall’art. 15 comma 1 del D.Lgs. n. 150 del 2011 che ha modificato l’art. 170 DPR 115/2002) dalla comunicazione dell’avviso davanti al Presidente del Tribunale o al Presidente della Corte d’Appello ai quali appartiene il Giudice che ha emesso il decreto. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell’Ufficio del Giudice di Pace è competente il Presidente del Tribunale.
E’ importante ricordare che “In tema di patrocinio a spese dello Stato, la legittimazione ad impugnare il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione e quello di revoca del beneficio già riconosciuto spetta alla sola parte che intendeva avvalersene o che tale revoca ha subito, essendo l’unica titolare del diritto al suddetto patrocinio, e non al difensore, il quale può agire esclusivamente, ove il menzionato beneficio non sia venuto meno, per ottenere la liquidazione del compenso eventualmente ad esso spettante” (Cass. Civ., Ord. Sez. 2, n. 4023, anno 2020); invece, la legittimazione all’impugnazione del decreto di liquidazione o del suo rigetto spetta al difensore, che agisce per un diritto patrimoniale suo proprio (Cass. SS.UU. 24/4/2008, n. 25931), ma anche al l’assistito ammesso al beneficio (Cass. Pen., 11/6/2008, n. 39515), oltre che al Pubblico Ministero.
Il ricorso ed il suo fascicolo devono essere depositati nella cancelleria telematica e la procedura è quella di cui all’art. 702 bis e ss. c.p.c. (rito sommario di cognizione): dopo il deposito del ricorso e del fascicolo, con contestuale pagamento degli importi di € 98,00 (importo fisso) per contributo unificato e di € 27,00 per anticipazioni forfettarie, la causa viene assegnato al Giudice civile monocratico, che emette il decreto di fissazione dell’udienza, che nel termine stabilito deve essere notificato unitamente al ricorso introduttivo alla controparte, costituita:
– per le opposizioni relative al diniego o alla revoca del patrocinio a spese dello Stato, dall’Ufficio Finanziario competente, che va individuato nell’Agenzia delle Entrate nel cui ambito territoriale ricade il luogo ove ha sede il Giudice procedente (vd. Cass., Pen. Sez. IV, n. 18842 del 13/4/2016); si ricorda che l’Agenzia delle Entrate è dotata di personalità giuridica e ha la facoltà ma non l’obbligo di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato (art. 72 D.Lgs. 30/7/1999 n. 300), sicché il ricorrente potrà convenire in giudizio l’Amministrazione Finanziaria notificando il ricorso presso l’Ufficio locale competente dell’Agenzia delle Entrate;
– per le opposizioni relative a rigetti di liquidazione o a decreti di liquidazione, dal Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege presso la competente Avvocatura dello Stato. La giurisprudenza ha precisato che l’unico Ministero interessato è quello della Giustizia (vd. Cass. Civ., SS.UU., sentenza n. 8516/2012). Nel caso in cui venga fatta opposizione per un decreto di liquidazione emesso per difesa d’ufficio, alcuni Giudici ritengono necessario il contraddittorio con l’assistito, visto il diritto all’eventuale ripetizione da parte dello Stato nei confronti del predetto.
All’udienza di discussione il Giudice verifica la regolarità del contraddittorio e dispone di procedere ex art. 702 ter c.p.c., provvedendo con ordinanza ad accogliere o rigettare l’opposizione.
L’ordinanza che definisce il giudizio di opposizione non è appellabile (art. 14 D.Lgs. 150/2011, in deroga all’art. 702 quater c.p.c.), ma è ricorribile per Cassazione per violazione di legge, quindi con notevoli margini di censura: art. 360 ultimo comma c.p.c.
Un aspetto rilevante è quello delle spese legali del procedimento di opposizione in materia di patrocinio a spese dello Stato, che godono di un regime più favorevole di quello ordinario che si regge sul principio della soccombenza: infatti la giurisprudenza, riconosciuto che l’opposizione al diniego d’ammissione al patrocinio a spese dello Stato viene fatta dall’Avvocato in nome, per conto e nell’interesse dell’assistito e rientra fra “le eventuali procedure, derivate e accidentali, comunque connesse” (art. 75 co. 1 DPR 115/2002) al giudizio per il quale il beneficio è stato chiesto, ha statuito che, in caso di accoglimento del ricorso, il difensore ha diritto al pagamento – a carico dello Stato – degli onorari e delle spese anche del procedimento di opposizione (SS.UU. Cass. Pen. 24/4/2008 n. 25931); pertanto, è opportuno che nelle conclusioni del ricorso in opposizione ex art. 99 DPR 115/2002, oltre all’ammissione dell’assistito al patrocinio a spese dello Stato, l’Avvocato del ricorrente includa la richiesta di corresponsione dei compensi (ex art. 75 co. 1 DPR 115/2002.) e la rifusione delle spese del procedimento d’opposizione (ad es. contributo unificato, anticipazioni forfettarie, etc.).